Sulle tracce di Scanderbeg: intervista ad Alex Rim Runa

Giorgio Castriota Scanderbeg è l’eroe albanese che suscita da secoli l’entusiasmo di storici e scrittori. Sebbene non manchi, almeno nella storiografia in lingua albanese, una vasta documentazione, ci sono ancora alcune fonti meno note e, spesso, dimenticate. Alex Rim Runa si è proposto di colmare, almeno in parte, questa lacuna, svolgendo un importante lavoro di ricostruzione e “traduzione” in italiano dai manoscritti di due autori in particolare: Giammaria Biemmi e Demetrio Franco. Oggi è con noi dell’Associazione Iskander per raccontarci i particolari del suo studio.

Parliamo del tuo lavoro di traduzione. Su che tipo di testi hai studiato la figura di Giorgio Castriota Scanderbeg?

Nel 2018, in una ricerca libera su internet, mi sono scontrato con più di un titolo su Giorgio Castriotto, scritti di vari autori resi disponibili gratuitamente (probabilmente da chi possedeva la copia originale) in formato pdf. Erano anni che personalmente proseguivo in tale ricerca, soprattutto presso librerie e
biblioteche comuni che, ovviamente, non potevano che fornirmi poco o niente. L’idea di collezionare più titoli possibile, e soprattutto libri di antichi scrittori, non aveva mai raggiunto il risultato desiderato. Nella mia raccolta avevo pochi titoli, come la traduzione in albanese del libro di Barlezio (che già all’età di dieci anni avevo letto numerose volte), per finire con la più recente opera di Kristo Frashëri, un lavoro che ho apprezzato sotto tanti aspetti analitici, frutto di lunghe e approfondite ricerche da parte dell’autore. Solo nel 2018 (inaspettatamente) mi sono imbattuto in altri storici, come Leucadio (uno scritto anonimo su Scanderbeg), Biemmi, Demetrio Franco e altri ancora, non di poca considerazione. Ripeto, l’idea di collezionare ulteriori titoli e la loro irreperibilità presso quasi tutte le librerie di oggi, mi spinsero ad intraprendere personalmente un lungo lavoro di “traduzione” e, essendo essi scritti perlopiù in italiano volgare (la terza traduzione di Franco risale, per esattezza, al 1584), ho avuto non poca difficoltà (non di comprensione, ma più legata alla scelta della giusta trascrizione), un lavoro questo che mi costò mesi interi di duro impegno e ulteriori ricerche. Non giustifico ulteriori “mancanze” con il fatto di non essere madrelingua italiana. Le mancanze sono dovute in parte alla mia impazienza di finire prima possibile l’operato, in parte al fatto di ritenermi all’epoca “l’unico destinatario” delle mie opere. Eppure, sapendo di non essere l’unico interessato a tali manoscritti, decisi “prematuramente” di pubblicarli in quattro volumi che videro il libero mercato per pochi mesi. Tolti dal mercato, ne ripresi la correzione, partendo questa volta con l’opera di Biemmi, migliorata e corredata di ulteriori note. Ovviamente chiedo pardon a tutti coloro che hanno dovuto confrontarsi, per l’appunto, con quelle “copie d’errore”.


Chi scriveva di Scanderbeg? Chi ne scrive oggi?

Il primo scrittore a noi noto per aver scritto di Scanderbeg era Marino Barlezio (Barleti), nato a Scutari intorno al 1450 e testimone oculare dell’assedio dei Turchi nel 1478 nella medesima provincia, da cui diede vita alla prima opera De obsidione Scodrensi, scritta nel 1504. All’incirca quattro anni più tardi avrebbe immortalato il nostro Eroe nel suo racconto biografico Historia de vita et gestis Scanderbergi, Epirotarum principis, dedicando l’opera stessa a Don Ferrante Castriotto, figlio di Giovanni Castriotto II e nipote di Scanderbeg. Non perché godesse di poca importanza (il nome di Scanderbeg all’epoca aveva risuonato in tutto il mondo come strenuo difensore della cristianità, l’unico che resistette fino alla fine alla possanza Ottomana), ma l’opera stessa diede al nostro Eroe un ulteriore e forse inaspettato successo anche nel resto del mondo cristiano, essendo stata tradotta in più lingue e, di conseguenza, acclamata come una narrazione veritiera e ineguagliabile. Ovviamente, lo stesso risultato avrebbe anche ispirato la fatica di altri numerosi scrittori che, in pro e contro, avrebbero recuperato sempre da Barlezio parte della loro narrazione. Ma ancora prima di Barlezio, certe fonti storiche ci spingono a credere che non fu lui il primo biografo di Scanderbeg. Personalmente, mi sono basato nella testimonianza di Giovanni Bonardo (il terzo traduttore del 1584) che, per quanto riguarda il manoscritto, riferisce che il libro “fu già stampato nell’anno 1545 con molte superflue parole, oltre l’originale il quale fu già scritto a mano in lingua Latina dal Reverendo Demetrio Franco, il quale fu personalmente in tutte quelle guerre e di tutti i valorosi gesti di questo Principe molto bene istruito e informato.” L’altra testimonianza che prendo in considerazione è quella di Biemmi che, nonostante non riveli il nome del suo Anonimo, apporta nella sua prefazione ulteriori parole: “fortunatamente conservatosi dell’ultima carta dove si trova tutto intero il titolo del libro, si ricava che l’Autore era Albanese (il suo nome è stato ommesso) e che l’Opera fu stampata a Venezia a spese di Erardo Radolt d’Augusta l’anno 1480 (tredici anni dopo la morte di Scanderbeg).” Paolo Jovio (Giovio) rimane il primo interlocutore di Franco, dopo che la sua opera fu “dimenticata” per oltre mezzo secolo. Sappiamo che lo tradusse dal latino nel 1539, successivamente fu ripubblicato nel 1545. Per quanto riguarda le mie osservazioni personali, già nel medesimo libro di Biemmi mi sono espresso con queste parole: “Stando all’opera di Demetrio Franco […] personalmente mi spingo a credere che l’Anonimo di Biemmi altro non era che il medesimo Demetrio, nonostante Biemmi afferma il contrario dicendo che conosceva solo le origini dell’autore ma non il nome. Il fatto che Biemmi non si è mai “sforzato” a individuare “il suo” Antivarino mi spinge a credere che per ovvi motivi (da parte sua) non divulgò mai il nome, o perché veramente non si impegnò nelle ricerche, o perché semplicemente volendo trascurare tutto intendeva dare alla propria opera un tanto di particolare per distinguerla del tutto da quella di Barlezio e renderla più autentica e veritiera.”
Un altro scrittore che scrisse la propria autobiografia, descrivendo in parte (anche se i critici non ne sono fermamente convinti) le origini dei Castriotto fu Giovanni Musacchio (Gjon Muzaka). Quest’ultimo era un nobile albanese che dopo la caduta dell’Albania si esiliò in Italia, dove scrisse anche la sua opera omonima Breve memoria de li discendenti de nostra casa Musachi, “scoperta” da Karl Hopf nelle biblioteche di Napoli (?) e pubblicato successivamente come parte del suo libro Chroniques Gréco-Romaines, Parigi 1873. Questo manoscritto di Musacchio l’ho reso possibile pubblicandolo nello stesso volume di Franco (senza apportare ulteriori modifiche e correzioni). Ovviamente, non mancano altri scrittori successivi che hanno descritto la vita e le gesta di Scanderbeg; la loro lista è lunga e ben nota a qualsiasi attento lettore. Altri nomi che sono degni di essere attentamente studiati sono Fan Stilian Noli e Kristo Frashëri. Ovviamente oggi non passerà inosservato neanche lo studioso Oliver Jens Schmitt, che con il suo libro su Scanderbeg ha suscitato non poca “tensione” per quanto riguarda le sue origini.


Hai potuto notare delle differenze nella narrazione della figura di Scanderbeg tra manoscritti di diverse altezze cronologiche?

Sfortunatamente, nulla di vitale importanza. E questo soprattutto per quanto riguarda le origini del nostro Eroe. Lo storico odierno rimarrà pur sempre “limitato” e trasportato tra le righe degli scrittori più remoti. Se da una parte “la colpa” cade su Barlezio, d’altro canto la medesima “delusione” si approfondisce anche in Demetrio Franco. Nessuno narra attentamente le origini del Castriotto. Da altre fonti (non certe) sappiamo che un certo Branilo Castriotto (probabilmente nome volgarizzato di Giovanni Castriotto I), partecipò alla battaglia della Piana dei Merli (nota anche come battaglia del Cossovo nel 1389). Quest’ultimo non sappiamo quanti figli ebbe, ma uno di loro di nome Pal Castriotto (testimoniato anche da Giovanni Musacchio come piccolo feudatario di Dibra Inferiore), ebbe tre figli maschi (?) di cui uno di loro (conseguentemente) di nome Giovanni Castriotto II fu anche il padre di Scanderbeg, che ebbe oltre quest’ultimo altri otto figli. Ovviamente, non abbiamo dati esatti per quanto riguarda l’albero genealogico, e intendo soprattutto dati di nascita e decesso per ciascuno di loro. In mancanza di questi dati rimarrà inaccessibile una più attenta descrizione, sia genealogica che toponomastica. L’unico fatto che dopo le mie analisi devo assolutamente “correggere” è che il figlio di Scanderbeg non era Giovanni Castriotto II, ma terzo. Ed è quest’ultimo che sposò “Irene Paleologo, figlia di re Lazzaro di Serbia, dalla quale aveva avuto tre o quattro figli: Costantino, vescovo di Isernia, morto nel 1500, Ferrante, poi duca di San Pietro, Giorgio e forse Federico ed una figlia”. – Enc. Trecc.


Cosa hai appreso sulla figura di questo eroe? Ricordi un’informazione particolare che ti ha colpito?

Parto subito con la seconda domanda, riportando l’unica (vera) accusa che hanno mosso nei suoi confronti. Più di uno storico e biografo di Scanderbeg sottolinea il fatto che quest’ultimo, oltre la sua genialità come abile Generale e gran Condottiero, aveva anche un difetto: “che in più incontri è comparso in questa storia ed è quel suo furore incontentabile sempre di guerre, sempre di battaglie per cui si vedeva perseguitare con maggiore odio la pace cosi come gli stessi Turchi, senza aver riguardo al suo popolo stanco e afflitto”. -Biemmi. D’altro canto, Scanderbeg fu considerato “instancabile” di guerre continue e “disprezzatore” della pace! Ma la stessa storia non può portare un attento lettore ad affrettate conclusioni, piuttosto dovrebbe condurlo ad attente riflessioni. Chi di voi si ricorda di Paolo Angelo, Vescovo di Durazzo e unico Ambasciatore tra Scanderbeg, Venezia e Roma? Forse non fu quest’ultimo a convincere (sotto esplicita richiesta degli ambasciatori veneziani) tutti gli altri Principi albanesi (che avevano votato nel pro della pace stipulata con Mehmet II una tregua di dieci anni) a infrangere tale patto? Sembrerebbe che “accuso” definitivamente Angelo, ma così presenterei, anziché come un abile politico, come un vero “stolto” lo stesso Scanderbeg. Quest’ultimo aveva già colto prematuramente i frutti dell’alleanza Cristiana (di cui non vide mai nessun vero aiuto), ma nelle strette in qui si trovava necessitava sempre di più alleanze che avrebbero contribuito alla guerra anti-ottomana. D’altro canto (anche se il conflitto veneto-albanese era già antecedentemente avvenuto) non poteva combattere in più fronti più di un nemico! Vi siete dimenticati che fine avevano conseguito Macedonia, Grecia, Serbia e la Romania ancora prima? Di certo ciascuno di loro, con la pace che avevano stipulato, non godeva affatto del libero arbitrio. Anzi! Ancora più pesante delle tasse era l’obbligo di arruolare regolarmente tra le file turche il fior fiore della loro gioventù! Forse dopo la morte di Scanderbeg, per gli stessi albanesi tutto ciò non risultò vero? “Morire per la Patria, o soccombere per il Tirano!: ecco come Paolo Angelo proferì la sua verità! Del resto, nessun Principe albanese si sarebbe fatto lasciare convincere solo a parole. L’abilità politica di Scanderbeg vedeva già obbligatoriamente un confine: questa volta non poteva che “giocare” sempre in difesa, per l’appunto in una terra che i Potentati (di allora) avevano prestabilito come unico terreno di conflitti continui. Immancabilmente gli albanesi avrebbero pagato il prezzo più caro e finché visse Scanderbeg morirono per la propria Patria e non in schiavitù… Qual è la differenza? Di certo uno che detiene la propria libertà solo a parole, non potrà mai trovare una differenza tra una e l’altra! Un’ultima cosa da annotare: finché visse, Scanderbeg non abbandonò mai la sua terra. Mai la sua causa e mai si arrese. Ma questo sarebbe alquanto difficile farlo comprendere agli storici di allora e impossibile ai nostri storici oggi!


C’è interferenza tra mitologia e storia nel racconto di Scanderbeg?

Assolutamente sì! Quando mai è esistito un Eroe che non sia “caduto” erroneamente nel mito? Oltretutto, non posso criticare oltremodo i primi biografi che, data la loro natura (non erano prettamente storici, così come si concepisce oggigiorno) e i tempi in cui vissero non dessero importanza che allo splendore di Scanderbeg e alle vicende ideologico-politiche. Se Demetrio Franco da una parte è considerato “grezzo” e trascurante, quello che fu criticato maggiormente a Barlezio è l’aver alterato e poeticizzato la propria opera fino a renderla anziché storia, lirica, ossia (come certi hanno osato a dire) un’altra Iliade. Ecco il perché di tanti dibattiti! Tanti critici odierni (soprattutto albanesi, come Fatos Lubonja) hanno abbassato la figura storica di Scanderbeg, accusando di mera immaginazione le fonti più antiche e ritenendo fedele trascrizione di allora le osservazioni di oggi; o ancora che questa reinterpretazione
coetanea immediata non fondi le proprie ragioni sulla verità storica ma sull’interesse personale, ossia l’orgoglio nazionale. Ma la verità è che queste critiche, anche se in parte ben fondate, non hanno né il diritto né tantomeno le prove per contrastare la verità, in quanto basate solo sull’alterazione barleziana. Di certo Barlezio non fu l’unico biografo. E se coloro che hanno “lubonja in pancia” non sono ancora convinti del contrario, basterebbe consigliare loro di studiare e leggere di più, anziché ascoltare ciò che a proprio piacimento nutre! Nessun altro vero storico (cui lo stesso Lubonja non
potrà mancare ad esclamare) ha mai negato: 1. la resistenza albanese guidata da Scanderbeg, 2. Le vittorie conseguite contro le armate ottomane, 3. l’insuccesso dovuto alle ripetute guerre interne e al tradimento da parte di più di un generale albanese, 4. il genio di Scanderbeg nell’affrontare e sconfiggere forze più numerose delle sue, 5. la Crociata, ideata e sostenuta da Pio II, che vedeva Scanderbeg come Comandante generale delle forze cristiane (nonostante non ebbe mai luogo), 6. Il fatto che Scanderbeg fece da scudo protettore all’intera Europa, rallentando l’invasione generale ottomana e pagando lui stesso il più caro prezzo, senza essere mai adeguatamente aiutato da nessuno di loro e 7. infine, dacché è più importante: in tutto il suo percorso lo Stato di Scanderbeg non fu mai definitivamente invaso e governato dai Turchi. Questo, finché lui rimase in vita! Quest’ultima basterebbe anche come prova definitiva per far intendere, a coloro che credono il contrario, che il Principato di Scanderbeg risultò l’unico terreno che godeva del libero arbitrio nei Balcani. Altre interferenze del mito di Scanderbeg non potranno essere concepite nella storia odierna come unica fonte, o esaltazione con la sua stessa personalità, senza aver conseguito uno studio approfondito. D’altro canto, non mi meraviglio affatto quando Prof. Dr. Aurel Plasari ammette che la veridicità dei dati che Barlezio offre nel suo racconto risultano ancora oggigiorno incontestabili. A quanto pare, anche il nostro “Omero” aveva il suo cavallo di Troia! E il suo vero peccato non era, a quanto pare, “la menzogna”: forse l’eccessivo risentimento nei confronti del nostro Eroe fu causa di così tanti dubbi e perplessità. E se proseguì lodando (anche se, per il gusto di qualcuno, eccessivamente) il nostro Eroe, l’unica sua colpa fu di aver amato e stimato colui che senza alcun dubbio l’intero mondo espressamente considerava, e considera tutt’oggi, uno tra i più grandi condottieri di tutti i tempi.


Che peso ha la sua figura nella storia albanese? E in quella europea?

“L’unico luogo in qui una nazione non troverà mai pace è il cimitero nel quale ha seppellito con le proprie mani il proprio patriottismo!!” – Alex Rim Runa.
Credo fermamente che Scanderbeg, ancora a distanza di oltre mezzo secolo, sia tra le figure storiche di maggior influenza nella storia albanese. Giudicarlo contrariamente, in un certo senso, sarebbe privarsi della propria identità storica e negare gran parte delle nostre origini. È stato l’ovvio esempio della prima riformulazione territoriale sotto la bandiera rosso e nero, e mai nessuno prima e dopo di lui, come lui, aveva o avrebbe influenzato maggiormente l’orgoglio nazionale. O almeno dovrebbe… Nonostante la mia ferma convinzione di sottolineare “il peso” che ha avuto nella nostra storia, non posso proseguire oltre, e soprattutto in un “posto” in cui la storia non “pesa” più! In tanti ambiti, incluso quello scolastico, non si discute di Scanderbeg come figura storica, ma come “mito”. L’errore sta, appunto, nella poca istruzione e nell’ancor minore formazione generale di insegnanti e docenti, che reinterpretano la nostra storia; non l’analizzano attentamente come dovrebbero! Sotto questo aspetto non si può istruire doverosamente nessuna futura generazione. D’altro canto, nelle nostre (infinite) Moschee risulta più facile proferire le parole del “Sultano” anziché quelle di Scanderbeg! Ovviamente, in questi ambiti e in termini espliciti è vietato parlare della nostra storia! Inutile ricordar loro chi erano i nostri avi! Inutile parlar loro di patriottismo. Da ciò che mi risulta, a stento parlerebbero anche l’albanese…
Per quanto riguarda l’influenza che Scanderbeg ha oggi nella cultura europea, basterebbe riflettere in brevi termini, ponendo un’unica domanda: chi era Scanderbeg?


Hai incontrato difficoltà particolari durante le traduzioni?

Ovviamente sì! Ripeto, non tanto per quanto riguarda certe parole (Google mi ha aiutato tantissimo, in seguito) ma per quanto riguarda la riformulazione di intere frasi. Nel caso di Franco, dell’intero libro direi… Non avendo, poi, nessun’altro tipo di aiuto, ho dovuto concludere il tutto da me, partendo dalla traduzione, correzione, impaginazione e grafica. Del resto, ho per le mani (in parte) quello che vorrei avere… Ma, come sempre, a livello di materiale c’è di meglio! Personalmente ho scelto “il meglio” che mi si poteva offrire…

Hai in cantiere altri lavori? Di cosa ti occuperai?

Attualmente sto migliorando e correggendo i altri tre volumi su Scanderbeg, che verrà pubblicato in un unico volume come edizione limitata. Sarà un libro basato sugli scritti di vari scrittori, come Fan Noli (il primo manoscritto del 1920), Leucadio, Thiulen, Cuniberti e altri ancora. L’ultima vera “fatica” che ho come progetto (?) è il libro di Marino Barlezio, che non vede la luce della ripubblicazione in lingua italiana da secoli. L’unico materiale che ho a disposizione è la traduzione dal latino di Pietro Rocha del 1568. Spero vivamente che qualcuno prima di me possa renderlo disponibile nelle nostre librerie…

 

Alex Rim Runa vive e lavora a Milano. Ha tradotto in italiano alcuni manoscritti che fanno luce sull’eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg. Di seguito i link ai manoscritti da lui curati:

Giorgio Castriota Scanderbeg – Giammaria Biemmi

Scanderbeg. Principe d’Epiro. Gli illustri gloriosi gesti e vittoriose imprese del sign. Giorgio Castriotto – Demetrio Franco

Altre pubblicazioni dell’autore:

Omeronoma morale – Alex Rim Runa

Acta monstrorum – Alex Rim Runa

Meduza & Kimera – Alex Rima Runa

Origjina e të mallkuarve – Alex Rim Runa

Rikthim Fatal Vol. I – Alex Rim Runa

Rikthim Fatal Vol. II – Alex Rim Runa

Koma e Shpirit – Alex Rim Runa

Tipologjia e Antimoralizmit – Alex Rim Runa

Shekulli i Iluzionizmit – Alex Rim Runa

Fenomenologjia e Komunikimit – Alex Rim Runa

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